Il cammino verso la digitalizzazione – di cui tutti parlano dopo il COVID-19 e il lavoro a distanza – delle PMI italiane è ancora lungo e tortuoso. Prendiamo spunto dagli Osservatori digitali del Politecnico di Milano per fare il punto della situazione.
Stando al DESI (Digital Economy and Society Index), l’indice creato dalla Commessione Europea per misurare e monitorare i progressi dei Paesi europei in termini di digitalizzazione dell’economia e della società, il livello di digitalizzazione delle PMI italiane è al di sotto della media europea.
In termini di vendite online, tanto per fare un esempio, le nostre PMI occupano la posizione 26 su 28, ben lontana dalle controparti di Paesi come Irlanda, Regno Unito e Germania. Anche in termini di integrazione delle tecnologie digitali e percorsi di digitalizzazione, le piccole e medie imprese sembrano ferme al palo. Sono notevoli i ritardi, specie in materia di presenza sul web, analisi di Big Data e infrastrutture tecnologiche avanzate.
Altrettanto poche, solamente il 10%, le imprese di piccola e media dimensione che puntano su un canale eCommerce proprietario e vendono online. Tale valore, nettamente inferiore a quello comunque relativamente basso delle grandi imprese italiane (25,8%), si attesta al di sotto della media europea (17.5%), con una distanza considerevole dai Paesi che fanno meglio.
Scarsi anche gli investimenti in pubblicità online. Sono ancora molte le imprese, infatti, che investono esclusivamente in forme tradizionali locali quali stampa, radio o tv. Larga parte delle PMI che investe in Internet Advertising punta esclusivamente sui canali social, ma con budget limitati e sporadici. Le potenzialità tipiche dei canali online, come i motori di ricerca, i video, ma anche gli stessi social, di intercettare traffico qualificato e interessato per le diverse nicchie di mercato, restano dunque inespresse.
Il COVID 19 ha accelerato la consapevolezza della necessità di lavorare a distanza con il mondo esterno dei clienti e fornitori e anche con le strutture organizzative interne disperse su vari Paesi, ma questa maggiore coscienza della necessità di digitalizzare i processi aziendali fa fatica a tradursi in pratica anzitutto per la mancanza di competenze e poi per i costi connessi ad una vera trasformazione digitale di una PMI.
Il COVID-19 ha accelerato la consapevolezza della necessità di lavorare a distanza,ma questa maggiore coscienza della necessità di digitalizzare i processi aziendali fa fatica a tradursi in pratica.
Ad oggi è difficile per una PMI dotarsi di “specialisti del digitale”: Innovation Manager per le attività legate ai percorsi di innovazione, eCommerce Manager, Data Scientist, addetti alla sicurezza informatica… Tutte figure presenti in maniera marginale nelle piccole e medie realtà. È significativo come il 18% delle PMI non abbia al proprio interno alcuna figura dedicata a queste mansioni.
Ma quali sono le tecnologie che ogni PMI dovrebbe conoscere e saper padroneggiare? La tecnologia abilitante per la trasformazione digitale in azienda è il Cloud Computing, ma sono ancora poche le PMI (circa un terzo del totale) che utilizzano questa tecnologia per lo storage delle informazioni aziendali.
Tanto interesse, ma poca azione, destano poi la gestione e l’analisi dei dati. La consapevolezza della centralità dei dati nell’acquisizione di vantaggio competitivo è forte, dalle piattaforme per conservare i dati fino agli strumenti per analizzarli e trarne informazioni strategiche. Così come è forte la discrepanza tra teoria e pratica. Oltre alle competenze, manca infatti la volontà di investire in progettualità avanzate per l’integrazione dei dati, da quelli relativi a più processi (quali ad esempio la riconciliazione di ordini e acquisti verso i fornitori) all’implementazione di piattaforme evolute (come un data warehouse).
Sempre a proposito di dati, cresce di rilievo il tema della sicurezza informatica (la Cybersecurity) e della protezione dati. Una PMI su quattro ha infatti affermato di essere stata vittima di almeno un attacco informatico nel corso della sua vita aziendale. A fronte del rischio crescente di furti o perdite di dati aziendali, le piccole-medie imprese italiane mostrano però ancora una scarsa sensibilità al tema. La recente entrata in vigore del GDPR ha perlomeno mobilitato diverse iniziative di adeguamento anche tra le PMI.
Ecco che in questo quadro prospettato in modo chiaro recentemente dall’Osservatorio sulla Digitalizzazione di POLIMI, una volta tanto la Finanza aiuta l’economia reale.
Il contributo di Visabit alla digitalizzazione delle PMI
Tutti i requisiti di sicurezza, riconoscimento a distanza a video, utilizzo di firme elettroniche riconosciute internazionalmente, possibilità di gestione documentale per stipulazione a distanza e video-sottoscrizione di contratti, diffusi nelle applicazioni Fintech in un mercato finanziario iper regolato, possono utilmente costituire un primo gradino verso la digitalizzazione delle PMI, diventandone l’interfaccia col mondo esterno dei clienti e dei fornitori, ma anche se necessario per le comunicazioni interne.
Visabit, piattaforma già nota nel mondo finanziario e rispondente sia alle migliori normative del settore , sia alla preservazione dello human touch, della relazione umana attraverso il video tra imprenditore e sue controparti di mercato, si presta enormemente per la sua completezza e semplicità di uso a facilitare l’ingresso nel mondo delle connessioni digitali a distanza, su smartphone, anche per le PMI non finanziarie.
Visabit si presta enormemente – per la sua completezza e semplicità di uso – a facilitare l’ingresso nel mondo delle connessioni digitali a distanza, su smartphone, anche per le PMI non finanziarie.
Inoltre, il GruppoARC cui Visabit appartiene, ha sviluppato un mercato primario privato per gli investitori desiderosi di acquistare i minibond non quotati emessi dalle PMI, attuando un processo circolare che attraverso il finanziamento delle stesse PMI, offre loro la possibilità di affrontare meglio lo stadio iniziale della digitalizzazione, quel rapporto con i propri clienti e i propri fornitori che gli imprenditori italiani per anni hanno affrontato di persona in tutto il mondo e che ora possono attivare comodamente dal proprio telefonino, per concludere contratti vantaggiosi con la propria rete di mercato e con i propri collaboratori.