Di Massimo Merlino, Consulente di Strategia, Change Management e Logistica.
Presidente GruppoARC
Le radici profonde del ritardo
L’economia italiana è cresciuta rapidamente negli anni ’60 e ‘70, quasi come la Cina dopo Deng, ma ha cominciato a stagnare già negli anni ’80, e si è fermata dagli anni ’90 ad oggi, in una delle più veloci parabole negative per un Paese occidentale.
La paralisi ha radici culturali e valoriali, non finanziarie, e coincide col passaggio da prodotti fatti con le mani, tangibili e visibili, alle tecnologie dell’invisibile – informatica, biotecnologie, nanotecnologie – di fronte a cui è mancata sia una vocazione profonda di tipo antropologico, sia il contributo della scuola. Così, all’evidente ritardo almeno ventennale nell’informatica, si è accumulato quello del nuovo digitale.
La paralisi ha radici culturali e valoriali, non finanziarie, e coincide col passaggio da prodotti fatti con le mani, tangibili e visibili, alle tecnologie dell’invisibile – informatica, biotecnologie, nanotecnologie
In Italia la cultura diffusa è di tipo relazionale, di una relazionalità che alcuni preti, sociologhi, comunardi potranno trovare interessante e – alla Gioberti – forse anche migliore delle altre, ma che potrebbe da altri essere definita “da bar”, sciatta e sciocca: superficiale anche nell’uso di tecnologie “social” che per definizione dovrebbero ben adattarvisi. Internet è del 1984, e già nell’86 i miei colleghi norvegesi o nordici ne erano entusiasti perché consolidava la loro vocazione alla solitudine, evitava noiose riunioni fisiche e consentiva di lavorare anche andando a pescare. Sono le stesse ragioni della mancata diffusione in Italia del lavoro a distanza, a casa, preferendosi la socializzazione distraente e spensierata ad ogni altra esperienza.
L’informatica gestionale avanzata non è passata come innesco al reengineering di Hammer del 1989, che distrusse 25 milioni di lavori negli USA, ma come una nuova seccatura che non si doveva misurare in costi benefici aumentando la produttività delle imprese, la più bassa dell’Occidente e stagnante, e che non doveva stressare più di tanto.
Le banche possono rappresentare l’epitome di questo processo: hanno avuto investimenti da NASA nell’informatica, e sono rimaste come erano nel loro tran-tran burocratico. In questo clima l’avvento del digitale è stato fortissimo a supporto del sociale privato con parenti e amici, quasi nullo nel suo impatto sulle organizzazioni e i loro risultati.
La rivoluzione digitale e il Fintech.
I nativi digitali, i millennial, stanno provando a trasferire il digitale nei processi di lavoro, ma le caratteristiche antropologiche italiane si saldano con le tradizioni gerarchiche, che nelle banche sono ancora più opprimenti che nelle imprese industriali, e con la soffocante normativa italiana ed europea.
Un contesto organizzativo digitale è piatto, collaborativo, creativo, le comunicazioni non sono procedurizzate e gerarchiche, ma orizzontali, come tra pari. Un ingegnere neoassunto vede un problema in produzione e messaggia il direttore generale, se non il padrone, come messaggia gli amici per andare al cinema.
Gli ingegneri che uscivano dalle università usando molto il web, non lo ritrovavano nella pianificazione della produzione. Oggi con lo smartphone avviene lo stesso.
Il digitale ha generato in ambienti avanzati molte start up anche nella Finanza, e si parla di Fintech, soprattutto in USA, che cercano di disintermediare le Banche, come già è successo per le Agenzie di Viaggio o nei taxi. La filosofia è la stessa.
Ma la governance delle Banche in Europa è paralizzata dalle varie Basilea – da città d’arte e di chimica, diventata simbolo di terrore regolatorio – ed esita ad accettare, prima ancora che a promuovere, la trasformazione digitale.
Resistenze culturali di fondo e problemi regolatori e organizzativi rallentano il cambiamento digitale.
Ma se non ti piace cambiare rischi di diventare irrilevante nella competizione internazionale.
E allora?
Una strada possibile e vincente: servizi esterni e gradualità
Per le ragioni viste, l’impulso dell’alta direzione è spesso debole e non è sufficiente a riforme così pervasive dei comportamenti prima che delle tecnologie. Il corpo di specialisti interni è talvolta ancorato a esperienze superate e non si aggiorna, bloccato dalle stesse resistenze culturali.
Una strada per uscire da questa impasse è ricorrere a servizi esterni su aspetti parziali – ma significativi – che costituiscano i semi di un vero cambiamento digitale.
Un ampio segmento di lavoro su cui intervenire con nuove tecnologie è quello della distribuzione dei prodotti finanziari che la Banca ingegnerizza o commercializza. E bisogna intervenire facendo leva sulle caratteristiche culturali di socializzazione prevalenti come abbiamo visto, ma nel pieno rispetto delle regole di trasparenza e delle altre normative antiriciclaggio, antiterrorismo, di cybersecurity, che ogni giorno sono più pesanti.
Ragionando su tutto questo abbiamo creato Vis-à-bit, società i cui servizi sono centrati su una piattaforma di video identificazione a distanza sicura, veloce e comoda del cliente a cui la Banca si rivolge, sulla possibilità di firmare documenti contrattuali a distanza, sui correlati servizi di archiviazione e mantenimento sicuro della documentazione necessaria. Tutto questo preceduto da una profonda analisi di fattibilità sui bisogni della Banca e da una conseguente progettazione di adeguata architettura tecnica, nonché di interfacciamento con le applicazioni gestionali/amministrative interne.
L’utilizzo di tecnologie video nelle interviste di identificazione dei clienti, si salda facilmente con la cultura mediatica televisiva ancora prevalente, mentre il progressivo utilizzo nelle attività commerciali di routine, costituisce un primo innesco e stimolo verso più ampie richieste di digitalizzazione e integrazione delle altre attività operative della Banca.
Con semplicità e gradualità il personale prende confidenza con le nuove tecnologie , abbassa le difese contro il cambiamento, magari si appassiona a futuri sviluppi assumendo comportamenti propositivi e non passivi.
Immediati i benefici reputazionali e di immagine verso la clientela più giovane, che non va più in Banca non trovandovi l’ambiente di socializzazione tecnologica a cui si abitua con gli amici.
Con i servizi di Visabit si ottengono risultati a breve di riduzione dei costi operativi, misurabili e che confermano i vantaggi della scelta, consolidando gradualmente la fiducia nella digitalizzazione, che mega progetti integrati su tutta la Banca molto costosi ed estranei alle persone, certamente non raggiungono, facendo perdere tempi e costi nella competizione.